Kung Fu


Un tasto per i pugni (WA-TA), un tasto per i calci (A-CHO). Basta. Questo è tutto ciò che IREM offriva in sala giochi mille miliardi di milioni di anni fa, e questa è la versione per NES di un giochino piccino picciò. Che però piacque talmente tanto a Shigeru Miyamoto e alla sua squadra da spingerli a lavorare su una conversione, quindi una leggenda anche oltre il cabinato. Kung Fu (alias Kung Fu Master, alias Spartan X, alias Seiken Acho, alias...) offre cinque piani di cattivi da stendere o schivare, più altri cinque piani più cattivi se si sceglie il livello di difficoltà superiore. Basta. Dieci minuti avanzano per finirlo, se si è bravi giocatori, ma per diventare bravi giocatori c'è un po' da sudare, e divertirsi nel frattempo.

Le cose importanti di Kung Fu sono l'azione incalzante e pulita, la costante (e divertente) umiliazione ai danni del giocatore sprovveduto, l'assurdità gratuita non appena si supera il primo piano della pagoda... e il kung fu. Anni e anni di cazzotti su pellicola finiscono amalgamati nella storia e nella scenografia del Tempio del Diavolo, casa dei cinque letali maestri da affrontare. Contro il logorio del videogioco moderno, Kung Fu ci offre una dieta dimagrante e ci fa riflettere sul significato di giocabilità. Essere finito in mano all'équipe di Mario (probabilmente uno dei migliori team di sviluppo di metà anni Ottanta) gli garantisce controlli perfetti, qualche ritocchino grafico che aggiunge carattere agli omini, e la visibilità che solo un titolo di lancio del NES americano poteva avere. Altri non lo ameranno a sufficienza e ne produrranno conversioni abborracciate, ancor più deludenti perché c'era così poco da sbagliare. O forse no?
Lo scopriremo andando avanti, irretiti da quel giro di blues di nemmeno venti secondi che si ripete per tutta l'avventura, scazzottando e pedalando. La prima vita extra ci raggiunge a 50.000 punti, ovvero nel secondo livello. È il primo segnale che si stanno prendendo le redini di tutto l'ambaradan, che l'affare è gestibile. Ma quanti fallimenti per arrivarci. Noi ci rialziamo, i nostri nemici no: l'influenza degli sparatutto si fa ancora parecchio sentire e chi ci sbarra la strada, se proprio non è un boss di fine livello, deve finire in terra in un colpo solo. Giustamente, direi. Sennò che esperti di arti marziali siamo? 

Kung Fu è il primo gioco a dimostrare la bontà di un genere che deve ancora nascere: gli storiografi omettono l'esistenza di un Kung Fu Master per MSX del 1983, sfornato ad Hong Kong dalla Mass Tael Limited, e forse fanno bene, perché è un titolo allucinante. Anche lì eravamo un giovane marzialista, inseguito da androidi lungo un orizzonte pseudo-3D. Ad essere buoni, un gioco sperimentale. Ad essere onesti, un gioco imbarazzante. Ma era solo questione di tempo, e il tempo ha portato una licenza cinematografica come ottima scusa perché i giapponesi cominciassero a ruminare le loro soluzioni.
La sottilissima parentela col film Cena a sorpresa (Il mistero del conte Lobos) può solleticare i cinefili che hanno qualche spicciolo da parte per procurarsi la pellicola, oppure recuperarla a gratis sul Tubo. Laggiù troviamo Jackie Chan e amici in forma smagliante che fanno le loro cose a Barcellona, spacciando alimentari sul più bel camioncino da street food mai visto, allenandosi contro ogni regola architettonica e continuando a mischiare violenza, giallo e umorismo. Non è un capolavoro assoluto del genere, ma è un buon film e tanto basterà per chi vuole una sveltina con gli Eighties. 

Dopodiché, la leggenda continua. SEGA s'innamora di questa particolare concezione di picchiaduro da quando inizia a fare console e giochi per esse: nel giro di pochi anni sforna i cloni Dragon Wang, My Hero, Kung Fu Kid e qualche gioco dedicato a Kenshiro, l'uomo più adatto a eliminare la gente con un pugno solo. IREM non pubblicherà mai il suo unico vero seguito diretto, quel Beyond Kung Fu che nel 1987 riprendeva temi e personaggi e che deve ancora finire nelle mani degli archivisti del MAME, preferendo rincorrere Double Dragon sulla strada del kung fu urbano-decadente. Terrà comunque botta con Vigilante, Kung Fu Master per Game Boy e Spartan X2, tutti e tre un po' sottotono, tutti e tre comunque da provare. Anche perché in quello per Game Boy potete provare l'ebbrezza di essere un MAESTRO DI KUNG FU ARMATO DI DINAMITE.

Il futuro stava arrivando di corsa, per poi lanciarsi in un calcio volante. Il futuro era comunque Double Dragon
C'è un sottile piacere che ogni videogiocatore conosce: sottoporre di tanto in tanto gli altri alla propria tossicodipendenza, e questo è il titolo perfetto per godersi le sfuriate di chi proprio i giochini magari sì sono carini ma non li mastica. Non li mastica ma resterà masticato (o meglio ancora, masticata) dalla voglia di arrivare un po' più in là, perché nel giro di due vite si capisce che se sbagli la colpa è tua. Pazienta, giovane allieva.


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