Earth Defense Force è una serie nata quasi per scherzo nel 2003 su PS2, quando ancora i giochini uscivano su disco a poco prezzo. È un simulatore della vita che fanno i soldatini sfigati quando la città viene invasa da mostri giganti provenienti dallo spazio. Un gioco che, se lo guardi troppo da vicino, vedi lo scotch sulle giunture del cartone pressato. Un gioco che invita a essere giocato in due sullo stesso televisore. Un gioco grandioso.Oggi aspettiamo il sesto capitolo, in arrivo a fine 2021.
Questo pezzo è tratto da La Botte dei Vecchi Videogiochi, il libro che puoi comprare qui.
Cosa c'è, recluta? Sono cinque minuti che mi guardi... lo vuoi un tamarindo? Gran Riserva, lo tengo sotto il bancone.
Toh, alla tua.
Ti offendi se ti dico che puzzi di formica? Spero di no, i giovani li riconosci perché sperano ancora di uscire profumati. Qua puzzano tutti, e io oramai puzzo più di te, più di tutti voi, perché puzzo dentro.
Quando avevo la tua età ero arrabbiato e m'interessavo un poco di politica, ma non avevo nessuno con cui parlare. Allora mi arruolai nella Earth Defense Force, cinque giorni dopo il primo attacco alieno. Alcune agenzie che progettavano un governo mondiale presero la palla al balzo, e con la scusa della guerra ottennero soldi a fondo perduto. Che poi lo sai, il governo non c'è, ma la guerra è rimasta.
Se ti annoio smetto.
In tutto il Paese eravamo una trentina di bifolchi, a vestire l'uniforme. Avevamo diverse casse di mitra e bazooka, ma soprattutto munizioni a non finire e nessun problema a lanciarci in squadriglia, contro ogni brutto guaio che il comando c'inventava. All'inizio arrivavano le formiche, come succede oggi. Erano spaesate, ma col brutto vizio che avevano di essere alte tre metri e staccare la testa alla gente, dovevamo metterci una pezza noi, e ripulire le città. Dopodiché arrivavano i ragni.
Bruciavamo quelli, e arrivavano i dischi volanti. E qui c'era una qualche speranza di capire chi ci avesse clonato e ingigantito gl'insetti, ma niente. Giù anche i dischi volanti. Non credo che avessero in mente un nuovo ecosistema, l'uso della nostra fauna ti trae in inganno. Quello che gl'interessa è sempre stato togliere di mezzo la buona vecchia razza umana.
Così iniziavano ad arrivarci armi migliori, ma noi eravamo ancora quelle tre dozzine di sociopatici, senza grado, senza saluto. I civili mi ringraziavano e non sapevo che dire. Oggi il tuo plotone ha i cori, le marce. Noi non avevamo nemmeno una chitarra. Ripulivamo i nidi, poi uscivamo e c'erano le loro navi ammiraglie, che ci sganciavano contro i primi colossi di metallo. A quel punto mi sono reso conto che non ero più me stesso.
Lo so che capisci. Vedi il sole tramontare mentre fai esplodere un palazzo per avere una linea di tiro migliore, e in quel momento ti accorgi che a casa tua, al tuo nome, non ci pensi da mesi. Non ci vuoi più pensare: ormai sei solo tu col tuo vice, come due mucche che mangiano nella nebbia, e volete restare sospesi lì per sempre.
Melissa però spezzava quell'incantesimo. Era una delle prime Averle, un corpo speciale femminile, con zaini a razzo e armi a energia. Lei sfrecciava nell'aria ed era per me qualcosa di diverso, da guardare mentre noi e le bestie dipingevamo la tela del quartiere. Melissa non mi svegliava quando partiva, sempre pronta un paio d'ore prima della fanteria. Cercava di spiegarmi che il suo fucile laser condivideva il serbatoio con lo zaino che la teneva sospesa in aria, ma lo capii solo quando sparì nella bocca di una lucertola alta trenta metri, e non tornò più.
Gli alieni tornarono nel 2025: avevano disseminato il sottosuolo di colonie. A quel punto avevo tre pischelli in squadra, fatti proprio come te: insegnai loro a non esporsi, a non fare gli eroi e a restare uniti, per quanto noioso potesse sembrare. Ne morì solo uno, finendo sotto un disco volante mentre ricaricava il lanciafiamme.
Mi congedai dopo la missione Pioggia di Ferro, medaglie poche, ma qualche storia da raccontare, come hai sentito. Era una bella guerra, non era più la mia, ma era bella.
E tu?
Quel tamarindo, lo finisci?
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